IL MARCHESE GINORI INCONTRA LO SVIZZERO RICHARD

La storia  di Richard e Ginori: tre secoli di fuoco, arte e rinascita

Ci sono marchi che non nascono come semplici imprese, ma come intuizioni luminose, quasi visioni. La storia di Richard Ginori comincia così: non con una fabbrica, ma con un sogno. È il 1735 quando il marchese Carlo Ginori, uomo curioso, innamorato delle arti e affascinato dall’alchimia delle materie, decide di tentare l’impossibile: creare in Toscana una porcellana capace di rivaleggiare con quella delle grandi corti europee.

A Doccia, una collina che guarda Firenze da lontano, Ginori immagina un luogo dove la terra incontra il fuoco per trasformarsi in bellezza pura. Nasce così la Manifattura di Doccia, un laboratorio che sembra uscito da una favola. Nel silenzio dei boschi toscani, chimici, scultori e pittori lavorano giorno e notte, mescolando polveri, studiando i riflessi della luce, scolpendo volti e figure che sembrano respirare. I primi manufatti, intensi e teatrali, sono vere “scene congelate”: divinità, eroi, miti che sembrano emergere dal bianco della porcellana come da un sipario.

Per quasi un secolo Doccia rimane un luogo di magia. Gli artigiani passano il testimone di padre in figlio, e la porcellana Ginori diventa una lingua fatta di colori e silenzi, di gesti tramandati con discrezione. Poi arriva l’Ottocento, con il suo vento industriale che cambia tutto. La manifattura cresce, si espande, chiede nuove energie. Così, nel 1896, incontra la Società Ceramica Richard di Milano, fondata dallo svizzero Giulio Richard. L’unione delle due realtà dà vita a una creatura nuova, moderna e fiera: la Richard-Ginori.

È un matrimonio di caratteri diversi. Milano porta l’ordine, l’organizzazione, il rigore industriale. Doccia porta il sogno, l’arte, la memoria. Insieme attraversano esposizioni universali, nuovi stili, rivoluzioni del gusto. Le porcellane diventano più leggere, i decori più floreali, mentre il mondo scopre il Liberty e poi l’Art Déco. Ma l’incontro che cambierà tutto ancora una volta avviene nel 1923, quando alla guida artistica arriva un giovane architetto destinato a entrare nella storia: Gio Ponti.

Ponti guarda la porcellana come si guarda una pagina bianca. Non vuole solo decorarla: vuole reinventarla. Costruisce forme audaci, crea geometrie, racconta storie attraverso figure sottili, donne eteree, viaggiatori, sogni e architetture. È lui a trasformare la Richard-Ginori in laboratorio del moderno, facendola diventare una delle realtà artistiche più innovative del Novecento.

Poi vengono gli anni difficili: guerre, crisi, ristrutturazioni, un mondo che cambia troppo in fretta. Eppure, ogni volta che sembra sul punto di fermarsi, la manifattura trova un modo per rinascere. La crisi più nera arriva nel 2013, quando tutto sembra perduto. Ma la storia di Richard Ginori è la storia di chi non si arrende. E così, quando tutto vacilla, arriva un’altra mano tesa: quella di Gucci, che decide di salvare la manifattura e restituirle dignità, futuro, coraggio. Non è solo un’acquisizione industriale: è un atto d’amore per un pezzo di Italia che non si può lasciare andare.

Oggi la manifattura si chiama Ginori 1735, in omaggio al proprio inizio. Le sue porcellane vengono ancora modellate e decorate a mano negli stessi luoghi di Doccia, dove tre secoli fa Carlo Ginori accese il primo forno. I maestri decoratori dipingono con pennelli sottilissimi, gli scultori modellano paste candide, e ogni oggetto nasce ancora come un piccolo rituale, fatto di fuoco, respiro e precisione.

Entrare in questo mondo significa capire che la bellezza non è un lusso, ma un patrimonio di memoria e di gesti, qualcosa che attraversa le epoche senza spegnersi. Richard Ginori non è solo una manifattura: è un filo che unisce Settecento, Ottocento, Novecento e presente; un racconto che sopravvive perché fatto di mani, occhi e cuore.

È la storia di una fiamma che non si è mai spenta. Di un sogno che continua a brillare nella porcellana bianca, fragile e al tempo stesso eterna.

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